L’abbraccio di Natale
A me il presepe piace moltissimo, tant’è che ne ho uno sulla scrivania tutto l’anno da anni (oltretutto è opera di mia mamma, quindi lo tengo volentieri). Quest’anno ricorrono 800 anni dal primo presepe a Greccio (RI), che fu voluto da San Francesco proprio per voler rappresentare la Natività. Ci sono tanti presepi, di tanti colori e in tutto il mondo si caratterizza il presepe con qualcosa di “locale”. Ce n’è uno che quest’anno mi colpisce più di tutti, perché sembra un grande abbraccio “circolare” in cui San Giuseppe abbraccia la Vergine Maria, che a sua volta stringe in un tenero abbraccio Gesù bambino.
Così tra i panettoni che vediamo tra gli scaffali dei supermercati già da mesi, le prime luminarie della città e gli alberi natalizi che iniziano ad essere addobbati, mi sono fermato sul valore dell’abbraccio. Martin Buber, filosofo ebreo, dice: “Il mondo non è comprensibile, ma abbracciabile”. Infatti tante cose non si possono capire razionalmente, ma si possono vivere dentro un abbraccio: così anche le relazioni, in cui l’altro rimane altro anche quando è molto vicino a noi e questo non è un limite, ma un arricchimento. Ne parla molto bene il card. Josè Tolentino de Mendonça nel suo libro “Amicizia. Un incontro che riempie la vita”. Si parla del valore dell’amicizia e di come l’abbraccio ne rappresenti l’espressione più intima, ma anche più delicata: l’abbraccio arriva là dove la comprensione non arriva. Dice l’autore che «In principio fu l’abbraccio, se pensiamo al grembo che nella prima infanzia ci nutrì. Questa è stata la prima e riconfortante forma di comunicazione». La prima cosa che fanno due genitori che mettono al mondo un figlio è abbracciarlo, tenerlo vicino a sé. E questo mi sembra un riflesso di come l’amore di Gesù oggi voglia entrare in noi: con la sua vita, morte e resurrezione Gesù è sceso ad abbracciare tutto di noi, i nostri silenzi, ciò che rimane avvolto dalle nostre paure, dalle nostre ombre; quel silenzio di inquietudine e tensione, che siamo noi, tra il “già e il non ancora”, cioè tra ciò che viviamo e ciò che ci attende nella nostra vita. In quel silenzio trova spazio tutto l’Amore gratuito di Dio, che sa abbracciare le gioie ma anche consolare il dolore delle vite spezzate dalla violenza (sia della guerra che quella delle nostre case), dei ragazzini che non sanno accettare un “no” dalla loro compagna fino a toglierle la vita; dall’indifferenza di una persona anziana sola che muore in casa e viene ritrovata dopo giorni dai Carabinieri.
In tutto questo abbraccio trova spazio ciascuno di noi della nostra comunità, tutto il mondo intero (a partire da quel mondo vasto e ricchissimo che è il cuore di ciascuno). In tutto questo Gesù viene ad abbracciare e a farsi abbracciare proprio perché questo è l’unico modo per trasmetterci questo Mistero di Amore grande di un Dio che si fa bambino per noi: un Mistero che non si può capire, ma solo abbracciare.
Don Eugenio
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